lunedì 29 ottobre 2007

Sviaggio in india

Poco tempo fa, parlando con mio zio, ci si chiedeva perchè si pensa che i film vadano visti dall'inizio alla fine. In realtà si potrebbe vedere solo l'inizio e immaginarsi il proprio finale o al contario ancora più interessante vedere il finale per poi costrursi un personale inizio. Magari guardare solo 10 minuti o guardarne 3 ogni 37 insomma trasformare la pellicola a nostro piacimento. Sarebbe più bello sopratutto quando il film non ci piace. Così ho fatto e ho riscritto il mio finale per un film "Viaggio in india" che giudico a dir poco desolante. Tanto per fare un breve riassunto per chi non lo avesso visto la storia parla di due sposi iraniani che vanno in India a cercare l' "uomo perfetto". Dopo varie vicissitudini arrivano a casa di questo e...adesso leggete come la penso io! (ho cambiato i nomi dei due protagonisti in Jenna e Jack proprio come si fa nel restauro per evidenziare con cura la parte sostituita)


Siamo arrivati cercando questo famigerato “uomo perfetto” ma con grande sorpresa non era così perfetto o per lo meno non era così uomo. La capanna di legno e paglia, gli animali attorno erano stati costruiti proprio bene e nell’aria vi era quell’odore di bruciato misto sabbia. Lo abbiamo chiamato e come c’era stato predetto non ha risposto subito; ci ha fatto attendere guardandoci a nostra insaputa dalla finestra era veramente indeciso se rivelare quel suo progetto colabrodo. Alla fine Jack, come sempre, se ne voleva andare ma la curiosità superata solo dalla mia imprudenza ci spinsero ad entrare. Attraversata la soglia della porta ci trovammo di fronte a questo “uomo”. La stanza era spoglia di comuni oggetti e lui sedeva su una sedia accerchiato da microfoni, videocamere, fari, cavi e quant’altro tutti spenti senza vita. Colui che avevamo di fronte era il regista che piangeva e delirava. Ma la sorpresa non era finita, questa “cosa” che ci aveva scritturato e che in verità non avevamo mai visto in quello stato non era un uomo bensì una mucca. Una mucca! Di quelle che fanno MUUUHHH e che stanno sedute a mangiare e rimangiare l’erba tutto il giorno. Che presa per il mento, avevamo capito che il film era ormai al capolinea niente più idee, niente più storia, niente più soldi. Jack prese la parola per primo “Insomma ci hai mentito tutto questo tempo? E soprattutto come hai fatto a dirigere un film in queste condizioni? Guardati sei così macculato!”. Il bovino togliendosi il capellino dei New York Bankees sconsolato ripose interrotto dal pianto “ Io...Io...sono sempre stata una mucca particolare. Ero sempre la prima ad essere munta e ho sofferto le pene dell’inferno a vedere i miei figli sui menu dei ristoranti. Sapete ero una mucca di montagna insoddisfatta, destinata al formaggio di malga. Così ho deciso di cambiare la mia vita e fare la regista. Vendute le ultime forme di stravecchio mi sono fatta strada nel mondo umano. E’ stata dura, è difficile farcela da soli ma ho studiato mi sono applicata e ho imparato il vostro linguaggio”. La mucca interruppe il suo monologo per soffiarsi il naso, chiuse la porta e proseguì “Imparare la lingua umana è difficile per noi mucche.
Veniamo da un mondo dove ci sono 11432 modi di dire MUH e tutti significano cose diverse. Voi uomini banalizzate ma sappiate che sono state scritte odi incredibili nel linguaggio MUH il punto è che la vostra fonetica è estremamente limitante per poterle comprendere”. La mucca regista parlava mentre i due attori attoniti si erano seduti, ormai erano usciti dalle loro parti e si sentivano più liberi tanto che Jenna disse “Scusa mucca ma che fine hanno fatto i cameraman, i direttori della fotografia, i costumisti ecc.?” “Poco fa erano qua, io mi stavo cambiando quando tutt’un tratto sono entrate alcune persone in camerino per chiedermi dei consigli scoprendo così la mia vera identità. In un lampo sono scappate urlando QUESTO FILM E’ UNA VACCATA!” I due attori annuivano e trovano nelle sue parole quella sottile ironia tipica degli artisti di razza. “Ho lavorato tanto, ho studiato e volevo rappresentare questa India che da tanto valore al mio popolo, al nostro diritto bovino, senza ingabbiarci e ingannarci per poi trucidarci. Un sacco di cervelli nostrani fuggono qui tanto che dalle mie parti si parla di sogno indiano, insomma questo film è un inno alla libertà!” La mucca proclamava le sue idee in piedi sulla sedia muggendo e mostrando le sue poderose mammelle. “E ora che cosa farai?” domandò Jenna “ Credo ritornerò al mio cottage in campagna, povera nel corpo e nello spirito. Non produrranno mai un film incompleto e anche il resto è comunque privo di comunicazione, i dialoghi sono vuoti. Devo ancora imparare molto di solito scrivo i testi in MUH poi però traducendoli rimangono privi di quell’armonia campagnola”. Jenna e Jack sconsolati si guardavano fino a che un idea prese vita attraversando l’elettricità del loro sguardo tanto che Jack disse “Mucca io credo che in realtà questo film sia un capolavoro. Perché non riscriviamo il finale registrando questa conversazione? Alla fine si tratta sempre di un film scritto e diretto da una mucca per gli uomini; è un regalo, un bellissimo dono per l’umanità forse l’unico. Teoricamente potrebbe rappresentare la genesi di una nuova era di cooperazione uomo-bovino!”. La mucca eccitata ritraendosi un po’ rispose “Non so se la gente comprenderebbe ma comunque sia non ho niente da perdere” Così i tre firmarono un bel contratto si guardano e diedero un senso estremamente profondo a quell’attimo. Ridendo di quella strana situazione, senza saperlo, stavano cambiando un pezzettino di mondo.

francesco

domenica 21 ottobre 2007

un sottomarino al'incontrario

Sei arrivato con la speranza di trovare una soluzione ma ora te ne stai pentendo. Sei seduto, l’attesa è sempre lunga chissà perché c’è sempre qualcuno prima di te eppure tu finisci sempre tutti i tuoi lavori in orario. Aspettando ti stai convincendo che in fin dei conti hai veramente bisogno di aiuto, il mondo ti sta crollando un po’ a dosso ma sarai veramente disposto a mettere in gioco le tue convinzioni? Un amico strettissimo ti ha detto che questa persona è brava ti capisce, ti ascolta e ti aiuta come nessuno mai. Però che barba potevo starmene a vedere la partita che se non vinciamo oggi è la fine. Ma poi da chi sto andando da uno psicologo, da uno psicanalista, da uno psicopatico, da mago sberlino? Sarebbe bello che fosse uno” psicanalista” in effetti fa proprio personaggio dell’alta società. Si insomma, ho comprato quella villa, ho venduto quei fondi ad altissimo rischio in Angola, esco con Dravgona e vado dallo psicanalista! Sì, mi piace. Pensi a queste stupidaggini e non ce la fai a smettere e più forte di te. Intanto oltre quella porta verde senti voci, qualche risa e pensi che magari lì dentro ci si può divertire. Sfogli un giornale ”Sbella 2000” interessante la nuova dieta a base di mandarino e taralli. Si ma quanto mi costa fare la dieta, va bene perderò qualche chilo ma i mandarini delle isole Sbernì quelli lì non troppo arancio che non fanno male al fegato costano e io faccio solo un lavoro. Insomma sono sempre pronti a rubarci i soldi, che mondo mascalzone! Continui ad aspettare e intanto diventi sempre più impaziente come un moka che sta per sprizzare caffè in ogni dove. Odi questa parte del tuo carattere non hai pazienza sei sempre pronto a razionalizzare tutto ma dove cavolo è l’arte, l’amore, la creatività? Per me l’arte è tutta una farsa ho letto libri che potevo scrivere meglio mentre ero in bagno a pulire i lavandini. Ma alla fine che problema ho, che cosa mi sta a cuore, in che cosa voglio essere aiutato? E’ difficile dirlo perché un lavoro ce l’ho, la ragazza no perché voglio conservare la mia libertà, i miei stanno bene, ho tanti amici e sono simpatico. Però ti manca qualcosa specialmente quando ti stai per addormentare senti un profondo senso di solitudine e di tristezza. Chissà quante esperienze dovrò ancora fare, quante di queste sedute, quanta gente da conoscere per stare veramente meglio. Spero che questa persona possa darmi una risposta ho provato di tutto e sono veramente all’ ultima spiaggia. Mentre il tuo pensiero si muove come l’aria attraverso le strette mura di un angolo pensi a questa sala d’attesa. Che belle le pareti blu ti sembra di essere in un sottomarino all’incontrario con tutta l’acqua, i pesci e le alghe dentro mentre il mondo asciutto è al di fuori. Sei proprio perso nei pensieri intanto il tempo scorre e senti che da dentro la stanza le persone si stanno salutando e i passi si fanno sempre rumorosi. La porta si apre e tu tutto emozionato attendi quell’attimo per vedere chi potrà aiutarti. Esce sorridente una ragazza bionda, alta con la borsa di pelle ma subito sconsolato ti accorgi che lei non è la l’aiutante bensì l’aiutata. Colui che stai aspettando è ancora dentro e adesso ti grida “Vieni pure Francesco, scusa per l’attesa”. Tu entri, alzi lo sguardo e porca formaggia! Al tavolo ci sei tu stesso, ti sei appena aspettato e ti sei appena invitato ad entrare “Ma tu sei me? Io sono te? Non ci capisco niente, ho fatto tanta strada per incontrare me. Io già ti conosco avevo bisogno di un altra persona isomma…ultime spiaggie, mandarini, sottomarini e formaggi blu…aaaaaaaaaaaah.” Io mi rispondo “Beh e che cosa ti aspettavi è così semplice. Dai smettila di delirare, siediti e chiudi la porta che abbiamo un sacco di cose da raccontarci”.

francesco

martedì 16 ottobre 2007

La grande storia di due grandi amiche

La luce inondava tutto ed era talmente forte che non si riusciva a scorgere niente al di fuori delle sottili pareti di cartone. Quell’attimo che precedeva la venuta della “grande mano” racchiudeva gioie ed emozioni raccolte in pochi secondi di vita pulsante. Tutte allineate se ne stavano lì pregando che non fosse il proprio turno ma aspettando speranzose una morte felice che comportasse l’ascesi ad un livello più profondo di coscienza. “Cosa si dice da quelli parti?” diceva Marta a Giovanna “Ma ho letto su Snella 2000 che hanno scoperto una nuovo filtro per l’aria che permette di raggirare la grande mano”. “ Marta ma non capisci? Dovremmo essere felici di lasciare questo desolante mondo, anzi sai cosa ti dico? Alla prossima apertura sarò la prima, lì, tra le altre. Bella come non mai con il petto al vento per farmi cogliere. Amica ho voglia di una vita diversa ispirata alla luce, all’amore e alla bontà.”. Marta parlava e, intanto, un piccolo gruppo si era riunito ad ascoltare quel monologo di discreto successo. Bisogna considerare che la vita all’interno di quel parallelepipedo proseguiva tutto sommato tranquilla. La gente si amava, si odiava e lavorava dignitosamente per garantire, come dappertutto, un sufficiente livello di aria respirabile. Certo a ogni apertura della “grande mano” una compagna veniva sradicata via senza possibilità di ritorno. In quelle situazioni qualcuno si chiedeva effettivamente il senso della propria esistenza. In ogni modo, asciugate le lacrime e compiuti i riti si ritornava a vivere il solito tran-tran preoccupandosi del nuovo filtro per l’aria e della dieta biologica a base di zolfo. “Sei così bianca di recente Marta, sei sicura di stare bene? Dovresti comprarti un bello spazio ai piani alti, là nell’angolo. Manca l’aria di questi tempi e dicono che lì ce ne sia in abbondanza magari sei un po’ anemica”. “Ma no Giovanna mi sento come se il mio movimento fosse incatenato da mille anelli di filigrana. Insomma ci sono momenti che mi sembra di vivere imprigionata”.” Beh sai com’è Marta la vita è dura per tutti, io sinceramente mi sento libera avrei solo voglia di sistemarmi, assaporare la mia esistenza fino in fondo adesso”. Le due amiche parlavano spesso di questi argomenti così alti e intanto trascorrevano i giorni, gli anni e le numerose amicizie giovanili pian piano si assottigliavano visto che, una alla volta, le loro coetanee venivano colte; fino a che un giorno Giovanna e Marta si ritrovarono da sole perchè ormai tutte le loro amiche erano state scelte, chissà che liberazione. Giovanna ad ogni apertura si metteva tra le prime per essere selezionata ma sfortunatamente non aveva avuto molto successo. Sembrava proprio che qualcuno avesse fatto dei piani sulla sua vita e che lei fosse destinata a qualcosa di più grande. Marta proseguiva la sua esistenza vivendola giorno dopo giorno, attimo dopo attimo. Una sera le povere amiche si misero a discutere e le parole rimbombavano all’intero della struttura visto che ormai le due erano rimaste sole. “Beh” incominciò Giovanna “Siamo alla frutta direi, siamo le ultime e alla prossima apertura una delle due vedrà la luce mentre l’altra rimarrà qua nel buio”.“Non importa amica, dopo tutto” rispondeva Giovanna “Sono contenta di avere passato una vita qui con tè ed questo e ciò che conta”. Le due si abbracciarono intensamente e insieme si misero a dormire. Tutt’un tratto nel bel mezzo della notte la porta si aprì di nuovo e la grande mano prese Giovanna che si offrì sorridente a quell’incantevole luce. Accadde però una cosa particolare in quanto tutto il parallelepipedo si mosse ribaltandosi e trascinando anche Marta nel vuoto luminoso. Marta volò nell’aria e atterrò in un piano solido senza farsi del male. Non poteva vedere molto la luce la accecava ma quanta aria che c’era fuori da quella orrenda struttura. Abituandosi alla luminosità scorse col tempo la grande mano, che in realtà, era una gigantesca creatura rosa simile a le sue coetanee ma piena di protuberanze che uscivano e si muovevano spostando grandi masse di aria. Marta vide Giovanna stretta nella grande mano e sembrava che quella creatura volesse mangiarsela quando, in verità, un futuro ancora più tragico si prospettava per la povera amica. Quel grande essere accese un fuoco e bruciò Giovanna pezzo dopo pezzo. Lei coraggiosa lo minacciava promettendogli che sarebbe tornata più forte che mai per vendicare i suoi sogni, la sua libertà ed intanto urlava “Scappa amica! Io ce la faccio da sola sarò sempre con te!”. Marta piangeva e velocemente corse in un angolo buio sfogando tutto il suo dolore e la sua rabbia.

“Fede ma quando la smetti di fumare?”. “Mai! E non cominciare con i tuoi soliti commenti che già mi è caduto il pacchetto e non trovo più l’ultima sigaretta che avevo tenuto per il dopo pranzo. Adesso devo tornare a comprarle, che palle!”. “Insomma fai quello che vuoi ma ricordati che, un giorno, quelle sigarette te la faranno pagare” “Sì, sì bla bla bla….”. Federico cercava con disperazione la sigaretta persa ma purtroppo non la trovava da nessuna parte. Marta, intanto, nascosta era triste ed emozionata e guardava il mondo per la prima volta. Dopo tutto non era morta e c’era ancora tanto mondo da assaporare. Giovanna le era sempre stata vicina e alla fine si era sacrificata per lei, sarebbe sempre rimasta nel suo cuore.

francesco


sabato 13 ottobre 2007

Creatività

Giovanni era in camera sua, fuori pioveva molto anche se strani bagliori si percepivano all’orizzonte. Nella sua stanza comunque c’era già odore d’inverno infatti vi era l’aroma tipico di campi bruciati e uva che marciva al suolo. Era seduto per terra, tutt’attorno tante foto della sua vita. Dapprima si era deciso a disporle in ordine cronologico ed infatti si vedeva piccolo giocare con le macchinine che lasciavano poi spazio agli studi, ai primi amori, ai genitori sempre più canuti e infine a lui seduto nella sua stanza riordinando la sua passione. In ogni modo, un’improvvisa insensata voglia era sbocciata tra le umide terre della sua fantasia. Si decise a rimettere tutto in discussione; chiuse gli occhi, e lasciò le sue mani muoversi quasi guidate da altre forze che stringevano forte i sui polsi. Quando riaprì gli occhi trovò un particolare ordine sparso; splendeva, come prima, la foto di lui maggiorenne che festeggiava il suo compleanno con la sorella mentre alla fine della catena risaltava la foto di sua mamma che lavorava nell’orto bagnata dalla pioggia. La foto che lo affascinava di più era comunque quella della sua ex ragazza che si era posizionata proprio vicino a quella di lui con l’albero di Natale appena costruito. Giovanni si stava chiedendo se quella idea bizzarra fosse stata ideata da qualche forza sopra-natu-spirtuale che gli voleva indicare quale fossero, in ordine cronologico, tutte quelle situazioni che doveva rimettere a posto nella sua vita. Allora la sua mente e fantasia cominciarono a vagare pensando a quel Natale vissuto a casa con i suoi genitori mentre il vento freddo manteneva immobili le secche foglie d’autunno. Poi pensò alla sua ragazza e a quella foto in montagna di entrambi col sole negli occhi e le vette innevate alle spalle. Non ricordava un grande freddo anzi provava quasi un senso di tepore a rivedere le alte cime e la sua donna tanto amata che però poco lo aveva seguito nelle sua fantasia. Poi veniva l’orto con la pioggia e sua mamma che sempre si ostinava a finire i suoi lavori con la grandine o con il sole. Così Giovanni era disteso e si trovava a volare con le ali della sua memoria verso le frontiere della fantasia. Stava cercando aiuto per capirci qualcosa e intanto guardava il muro della sua stanza colorato da quello strano bagliore che entrava dalla finestra. Tutt’un tratto l’ombra dell’albero verde nel giardino si fece sempre più grande mentre le sue fronde frastagliate rompevano la luce riflessa. “Allora come ti devo chiamare, ombra, luce o semplicemente albero verde?” Le foglie muovendosi in un esplosione di movimenti risposero “Chiamami come vuoi solo la prossima volta la smetti di utilizzarmi come palo quando giochi a calcio in giardino?”. “Senti albero verde mi dai una mano a mettere le cose a posto con queste foto? non le capisco” chiedeva Giovanni “Mah guarda non me ne potrebbe fregare di meno delle tue foto, solo smettila di usarmi come palo! Adesso devo andare o dei rami da crescere io!”. Giovanni deluso continuava a cercar di capire quel enigma così convulso. Ad un tratto sentì altre voci provenire dal profondo e chiedere aiuto. Il ragazzo si alzò in piedi e si accorse di stare schiacciando con il suo ondeggiante fondoschiena sei piastrelle che reclamavano il loro territorio “Oh ma ti pare il modo? Ci hanno appena lucidate e tu sudicio insolente ci prendi a chiappettate!”.”Buongiorno a voi! come volete che vi chiami, sorelle piastrelle o nipoti sPanto?” “ Ma smettila! Chiamaci come vuoi” “Sentite gemelle cortesia mi aiutereste non riesco proprio a venirne a capo, non sento di avere particolari problemi da risolvere e ognuna di queste foto mi riporta a momenti piuttosto belli”.”Senti tu e le tue foto possono andarsene a quel pavimento lasciaci solo il nostro spiraglio di luce per favore”. Giovanni era proprio sconsolato non riusciva a capire cosa voleva dire quel ordine e quello strano pomeriggio. Prese in mano una penna e cominciò a scrivere le sensazioni che ogni singola foto gli provocava per cercare di identificare cosa rappresentasse. Mentre scriveva la penna intanto strillava “Giovanni ho poco inchiostro e poi me ne andrò per sempre quindi ho voglia aiutarti”. “Allora spiegami!” la penna tra mille sforzi radunò tutto l’inchiostro rimasto e prima di spirare scrisse le foto non c’entrano, hai proprio il prosciutto sugli occhi!. Giovanni pensò e ripensò a quella frase aveva sempre odiato quei concetti così problematici e sopratutto non capiva perché non si poteva rispondere alle cose in maniera semplice e coincisa. Poi lentamente capì e sorrise, rise e alla fine tuonò in una risata collettiva che coinvolse le ombre delle foglie, le piastrelle e la vecchia penna ormai morta. Si alzò, chiuse la porta della sua stanza e ridendo scese le scale diretto in cucina dove era pronta la cena. L’ordine di quelle foto non era importante, ciò che aveva veramente lasciato il segno era quel mondo nato dalla sua spasmodica ricerca di aiuto. Aveva finalmente capito che cosa era veramente nato in lui e che tipo di forza aveva guidato le sue mani in principio. In camera infatti, mentre Giovanni scendeva le scale, una donnina vestita con i colori dell’arcobaleno e con le scarpe rosso fuoco sbucava dall’alto dell’armadio. Prese un quaderno dalla sua borsetta, scrisse qualche appunto e lo ripose. Poi, aprì la finestra e saltò giù verso nuove avventure. Giovanni a tavola con la sua famiglia rideva per essere stato così ingenuo “Arrivederci Creatività e grazie per il bel pomeriggio”.

francesco

martedì 9 ottobre 2007

Colori

Erano proprio belli i colori che si fondevano piano col andare del tempo. Dal verde sgargiante le foglie si rendevano gialle, marroni e rosse. Raggiungevano tonalità diverse col passare dei giorni e l’avanzare dell’autunno; in realtà tutte seguivano segmenti di storia diversi. Alzando lo sguardo sopra il bosco si distinguevano chiazze marrone chiare e giallo scure mentre allo stesso tempo ogni albero racchiudeva la stessa diversità all’interno di ogni singola foglia. La stazione dei treni non era sicuramente il luogo più adatto per trovare spunti innovativi. Specialmente quella stazione inserita in mezzo alle montagne non accoglieva o salutava molti viaggiatori. Il povero scrittore sconsolato se ne stava seduto in ascolto, voleva scrivere ma tutte le strade lo portavano a soluzioni inconcludenti. Dall’altro lato della banchina vedeva una ragazza più o meno della sua età aspettare impaziente. Si muoveva di continuo, giocava con il telefono accendeva sigarette e sigari mentre masticava gomme del giorno prima. Dal basso attraverso il sottopassaggio dei binari sbucò dopo un po’ il classico maschio in ritardo. “Scusa ma cosa stai facendo Alessandra? Perché vuoi partire?” la ragazza non rispondeva e col sole d’autunno negli occhi mascherava il suo risentimento. “Non capisci che il problema non è il nostro rapporto, guardati attorno, alla fine stai facendo tutto tu”. La ragazza scocciata chiudendo i pugni rispose “ Senti è proprio questo tuo modo di parlare che non sopporto. Sei sempre pronto a trovare soluzioni ad aiutarmi a riscoprire chi sono e tutto il resto. E se io non lo volessi, Marco? E se io volessi solo vivere la mia vita spinta da quelle che sono le mie emozioni? Non sarebbe un rapporto più naturale?”.“ Va bene allora vai, parti, lasciami e vivi seguendo la tua emotività. Semplicemente io non credo che tu stia rispettando ciò che senti veramente ed è per questo che ti imploro di non lasciarmi.” I due si guardavano, sarebbe bastata una parola, un gesto sbagliato o un semplice sussulto racchiuso in un attimo per rompere quel sottile filo che univa i due cuori che ancora si cercavano con affanno. Alessandra guardava l’orologio, mancavano 9 minuti e poi chissà. Dentro di lei l’eco delle parole del ragazzo rimbombavano verità. Si trovava sull’orlo di un baratro e avrebbe saltato aspettava solo la convinzione che però la salutava festante dall’altra parte del burrone. “L’altro giorno camminavo e pensavo al mondo” cominciò Marco “Beh pensavo a un mondo dove nessuno può vedere con gli occhi e quindi dove tutto si basa sul vero sentire e sulla capacità di esprimersi solo con le parole, con il tatto o con i sentimenti. Certo sarebbe difficile organizzarsi in principio ma alla fine in un mondo simile, forse, esisterebbero relazioni vere che si sviluppano ad un livello più alto, più emozionante. Passeggiavo e pensavo a la bellezza che questa realtà racchiuderebbe. Poi tutt’un tratto gli alberi colorati d’autunno si mossero quasi picchiati dal vento, tutti assieme. Vedendo quel armonia in movimento capì. Capì di amarti profondamente” Alessandra, indecisa, singhiozzando lacrime balbettò “Perché?”. Marco con il sole d’autunno negli occhi mirava fisso le foglie degli alberi muoversi a milioni verdi, gialle e marroni “Perché, Alessandra, già viviamo in quel mondo e lì ci amiamo”. A quel punto il treno passò e si fermò veloce per poi ripartire verso nuove destinazioni. I due innamorati non c’erano più, il treno guidato dallo scrittore li aveva cancellati dalla sua realtà lasciando la banchina di quella stazione di montagna vuota ancora una volta. L’ideatore di quel momento si mise l’impermeabile e scese il sottopassaggio. Gli alberi si muovevano colorati dal vento e intanto cadevano le prime gocce di pioggia.

francesco