sabato 5 gennaio 2008

verduramente liberi

“Mancano dieci minuti all’ apertura” gracchiava l’altoparlante dall’alto delle loro teste rimbombando all’interno delle pareti metalliche delle scatolette di sgombro esposte. “Uno, Due, quattromilacinquecentoventicinque sì! Trovato era il codice giusto, vai ancora due e ho finito prima del loro arrivo”. “Di loro chi?” “Come loro chi? I clienti e chi sennò, non farmi girare le patate!” Tutt’un tratto un ombra, un urlo e poi il silenzio. Passava di fila in fila, di bancale in bancale senza sosta con quegli occhialini tondi che facevano sbocciare brividi di ansia sulla pelle. “Cos’è stato?” “E’ Lui….stai attento è il tuo primo giorno vero? Ti pelerà come una carota per poi mangiarti a pranzo se parli, dai continuiamo”. “ Chi..che..cosa? Chi è Lui?” “Come chi è? Lui…è e basta. Non posso dire il suo nome ad alta voce Lui non vuole. Non voglio passare dei guai” L’ossuto collega si guardò attorno con discrezione “Va bene te lo dico ma solo perché mi piaci. Avvicinati con discrezione facendo finta di niente, Lui ha orecchie dappertutto.” bisbigliava il compagno di lavoro. Gigi si accostò all’ incamiciato collega “Lui è…Lui è…il Direttore” “Scusa non ti capisco, tanta zolfa per un direttore?” “Zitto! Io non ti ho detto niente. Ma farai meglio a stare attento, raccontano di aver trovato un dito di un dipendente in una scatoletta di cannella, e tutto perché aveva osato salutarLo senza inchino. Gliel’ha strappato lui, te lo dico io!”. “ Ma vai a quel zucchino, non ci credo” “Io ti ho avvisato”. Gigi era nuovo del lavoro, il primo giorno. Si era fatto la barba, pettinato e aveva messo la sua tuta da battaglia tutta sgualcita ma usata solo per le sue più grandi imprese. Aveva sentito parlare di un ambiente un po’ militaresco ma la paga era buona ed era quello che faceva per lui, e poi tutto stava andando per il meglio, si trovava a proprio agio tra porri e cipolle, quello spazio era così luminoso e i lavori d’ordine gli erano sempre piaciuti. I giorni passavo veloci, le verdure di stagione già traboccavano creando cascate di foglie cadenti dal bordo degli scaffali “Pomodori a 5 euro, li metto qui trallallì. Cavolfiori li metto là trallallà” canticchiava Gigi rimettendo a posto quelle verdure morte sugli appositi scaffali quasi fossero loculi dove recarsi per compiangere i defunti sposi radicchio (di Treviso) o le sorelle cavolette (di Bruxelles). All’improvviso la splendente luce al neon del vicino refrigeratore contenente pesce si oscurò formando un’ indefinita sagoma di un nero penetrante. Gigi si voltò, di fronte c’era Lui. Gigi non osò guardarlo in volto, ma quasi spinto verso terra dall’incredibile peso delle Sue parole non dette abbassò la testa. Identificò solo la sagoma ombrosa dalla quale si intravedevano quei diabolici occhialini tondi e stretti. Lui si avvicinò e disse solo “Spostati di qui” poi se ne andò, la sua presenza era bastata per avvinghiare il cuore del povero interinale da fitti intrecci di terrore, ma più di tutto sembrava che le sue parole lo avessero drogato e sbattuto nel più oscuro fosso della sua coscienza. “Che cosa ti avevo detto? Devi rigare dritto con quello, quando parla ti opprime, tremi. Devi solo obbedire” proclamava l’ossuto collega”. In ogni modo le giornate trascorrevano abbastanza tranquille Gigi cercava di non pensare a quella presenza anche se quando in lontananza sentiva la sua voce bastavano poche parole per fargli rizzare le orecchie come un cane che fa la guardia quando si passa davanti al cancello automatico del suo territorio. Un giorno come gli altri era arrivata una grossa partita di verze e Gigi come sempre si mise a dividere quelle buone da quelle marroncine, quel colore significava infatti che il contadino di turno non era stato proprio diligente! Il caso vuole che contandole e ammucchiandole a forma di piramide il povero Gigi si ritrovò circondato da muri di verze e d’altronde non poteva uscire da nessun altro lato visto che l’unica via di fuga era comunque ostruita da un bancale carotato. Decise così di spingere il per crearsi un pertugio dal quale sgattaiolare e fuggire da quell’universo giallo, sfortunatamente la troppa forza impressa fece cadere il muro di verza che si spappolò per terra colorando di giallo il pavimento del reparto ortofrutta. Gigi cadde, riaprì gli occhi e vide una luce subito oscurata dalla visione di Lui che stava passeggiando dietro quel muro proprio nel momento della caduta. Il sangue si riversò a fiumi negli occhi e in tutti i capillari della faccia di Gigi il quale cadde in ginocchio pronto ad affrontare la sua pena. Lui si tolse gli occhialini e disse “Mi hai sporcato le scarpe…” il cuore di Gigi correva all’impazzata, non poteva rispondere le labbra tremavano “Non farlo mai più” concluse l’opprimente figura. Gigi quasi ricordandosi di meritarsi anche lui un pezzettino di mondo raccolse tutte le energie e il coraggio rimastigli nel fondo del suo grande cuore e alzandosi tra verze colanti rispose “Sono…”. Lui si girò quasi sconcertato dal tentativo del giovane lanciando saette di sfida attraverso quei diabolici occhialini di un tondo perfetto “Sono cose che succedono! Non è colpa mia” concluse Gigi coprendosi il volto coi gomiti quasi aspettandosi un’onda d’odio come risposta. Lui piano s’incamminò verso il giovane cominciò a parlare alzando, ad ogni parola, il tono in maniera progressiva. Usando quella sua voce perfidamente incantatrice aprì la soffitta dei pensieri dell’addetto ortofrutta e la stipò con materassi ripieni d’orrore. Gigi finì le sue mansioni, come se fosse stato sottoposto ad una seduta intensiva di lettura dei fratelli Karamazof non parlò con nessuno durante tutto il giorno, neanche con l’ossuto collega. Poi a fine turno ripose i sedanini e si diresse verso casa. La sera ascoltando la radio promise che avrebbe trovato un modo per mostrate a quel essere terrificante quanto i giovani lavoratori del reparto fossero potenti, ma che dico del reparto! Quanto i lavoratori di tutto il supermercato fossero più potenti, ma che dico del supermercato! Di tutto l’Ipermercato. Avrebbe dovuto essere una risposta collettiva, pronunciata all’unisono dove tutti avrebbero contribuito come fossero uno. Prese carta e penna e disegnò la sua visione, l’appese sul proprio letto e dormì sereno.

Passarono i giorni, i mesi e Gigi ogni giorno parlava con un dipendente diverso. Progettava nel segreto facendo attenzione alle mille orecchie spia posizionate dal terribile capo. L’ossuto collega lo aiutava mandando messaggi e distribuendo foglietti in codice per coordinare l’operazione. Tutti sembravano estremamente pronti a mettere a rischio le proprie emozioni per un impresa tanto disperata. Dopo diversi ripensamenti alla fine Gigi decise di attaccare tre giorni prima di Natale per fare un bel regalo a quella paranoia occhialuta. Il giorno tanto atteso Gigi si vestì come al solito, arrivò in orario e piano di mise a sistemare i cachi. Poi si mise a contare “Un, Due, Tre e Un, Due, Tre….” canticchiando e dando sempre più forza alla sua voce. Quel ritmo ormai forte rimbombava stupendo i poveri clienti: era il segnale. Lui dal fondo della corsia già si stava dirigendo, avvolto e seguito da un fumo nero d’odio, verso Gigi il quale col sudore nella fronte pregava perché nessuno si tirasse indietro proprio in quel momento “Un, Due, Tre”. All’improvviso si aggiunse piano alla nuda voce del giovane ortofrutticolo il ticchettare della scatole di tonno percosse dell’addetta scatolame che già strizzava l’occhiolino. Poi da lontano partì la base di due magazzinieri che picchiavano gli armadietti dei dipendenti tipo batteria. Sulla sinistra i pescivendoli strofinando il ghiaccio rosato provocarono il classico effetto nacchere “Un, Due , Tre….” continuava Gigi che vedeva i suoi pezzi comporsi nella scacchiera d’un opera bellissima. Per ultime sia aggiunsero le commesse che dalle casse passavano a tempo i prodotti che fotografati dal laser producevano un ritmico “Bip!” rendendo il suono complessivo ancora più pieno. Alla fine la musica aveva preso forma incalzata dai più creativi suoni, tutto ciò in un crescendo virtuoso che trovò l’apice nel canto vibrante dell’ossuto collega. Lui si dirigeva verso ogni dipendente con furore, parlava ma nessuno poteva ascoltarlo quella musica era troppo insistente…Sempre più infuriato di diresse verso Gigi che dall’alto, in piedi sulla pesa della frutta dirigeva quell’orchestra in sconto con la gioia di un sogno tanto custodito che come un treno arrivava prorompente al capolinea in orario. Gigi vide il capo nella sua interezza lanciare parole che non si sentivano, finalmente aveva raggiunto il suo scopo. Come aveva previsto quella voce era l’unica arma del povero Lui, senza la quale era solo un uomo piuttosto basso, con gli occhiali ed estremamente insicuro. Si mise a ridere per essere rimasto imprigionato dal timore di una così insulsa figura. Scese dalla pesa e incominciò a camminare seguito in fila indiana da tutti i dipendenti con i loro strumenti improvvisati. Quando l’ultimo dipendente uscì, la porta dell’uscita di sicurezza sbattè rimbombando nell’assenza di ritmo, lasciando immobile il capo e i clienti coi loro cigolanti carrelli. Il gruppo continuò a cantare a lungo con Gigi in testa; cantavano il lavoro, la paura, la loro determinazione a volere vedere le cose in maniera diversa. In fondo il loro era un canto di libertà.

francesco