sabato 18 ottobre 2008

tra semafori rossi nel traffico del tardo pomeriggio

Si intravedevano pochi raggi di sole tra i rami degli alberi spezzati. La panchina sulla quale sedeva si inclinava piano a ogni sussulto quasi lamentandosi a gran voce del peso eccessivo. Ashartin non era mai stato una persona molto profonda; considerando che le persone profonde di solito perdono la maggior parte del loro tempo ad approfondire la profondità di sé stessi, lui non accettava proprio l’idea di dedicare del tempo, del preziosissimo tempo a qualcosa che non garantiva nessuna certezza.

Il panorama che lo circondava era alquanto desolante: macchine bruciate, bidoni rovesciati a terra, sullo sfondo vi erano scintille che sprizzavano da un lampione in frantumi, come fontane di luce riempivano la strada per poi spegnersi in uno scoppiettio che faceva solletico a vedersi. Aspettava su quella panchina quando a un tratto sentì avvicinarsi un rumore profondo, alternato da pause acute. Il rumore cresceva, poi calava e poi cresceva di nuovo in un circolo sonoro.-E’ un diesel!- penso Ashartin tra sé. Da lontano si vedeva una sagoma blu, un grosso parallelepipedo semovente dai contorni poco dolci..... insomma, un autobus che si fermò proprio di fronte al giovane disorientato. In alto, lo schermo della destinazione riportava semplicemente -Voglio te!-.

La porta si aprì, Ashartin sussultò, scrutò l’interno del mezzo e il suo sguardo cadde subito su una strana figura incastrata nell’angolo di guida. -Ma tu sei un pollo!- esclamò. -E allora?- rispose il conducente con altrettanto stupore alzando il tono della voce. -Parla lui senza piume, sali o no? Sono due uova per il centro, tre per la collina- Il pollo con cappello e giacchetta portava una cartellino, o meglio, un cartellone -CHIEDI A ME!-. Ashartin confuso cominciò a frugare subito nella saccoccia che portava a tracolla: dentro vi erano esattamente tre uova. Le consegnò, le porte si chiusero e disinserita l’inutile freccia lampeggiante l’autobus ripartì rombando.

Ashartin non ci capiva niente: dov’era? Come era arrivato lì? E soprattutto, chi aveva messo le uova nella sua borsa? Si trovava su un autobus di una qualche città a lui sconosciuta, con un pollo come conducente. -Senta ma...scusi...sa come si chiama questo posto?-chiese all’autista senza ricevere risposta. Poi pensò tra sé: -Mi sembra di esserci già stato, eppure...non mi ricordo niente...-. Ad un tratto il pollo proruppe -Sai, dovresti sorridere un po’ di più tu! Sei lì, con quel muso, tutto serioso... vuoi che ti racconti una barzelletta?-. Ashartin fece un cenno col capo.

-Allora, ci sono due polli, uno è tirchio e ricco, l’altro povero, ma appena ha un centesimo lo sperpera subito. Stanno discutendo e si insultano con frasi del tipo: -Tu hai le alette corte!-, -Tu invece hai le coscette bucate!-... quando a un tratto arriva Dio e dice al pollo sperperone: -Tu hai speso e io ti salvo!- E l’altro dice: -Ma come? E io che sono stato attento, ho risparmiato, ho lavorato e non mi sono fatto corrompere dal denaro? Non mi salvi?-. -Appunto- dice Dio -Visto che tu hai soldi e lui no, uccido te e con i tuoi quattrini mi compro le verdure per farti al forno!-. -Guahahahahaha!- proruppe il pollo. La sua risata aveva il suono dell’acqua che straripa riducendo una diga in frantumi, era piuttosto coinvolgente.

Ashartin accennò un sorriso, poi la sottile ironia della barzelletta si fece strada tra le pieghe del suo umorismo fino a ché non sfociò in una bella risata. -E’ proprio un peccato vederla così!- esclamò l’autista pennuto -Sai una volta era proprio bella, tutto, le macchine, le strade, i semafori funzionavano. La mattina mi svegliavo, salito in groppa a questo bestione, giravo la chiave e facevo il mio solito giro. Su e giù per la collina, sempre puntuale!-

Ashartin ascoltava il pollo e intanto curiosava fuori dal finestrino, rannicchiato su quel sedile sfasciato e puzzolente. Il sole era ancora oscurato da nuvole intermittenti, il paesaggio sempre lo stesso. Si intravedevano finestre dalle imposte penzolanti, vestiti lasciati a marcire appesi a corde che univano file parallele di condomini anneriti dal tempo. No, non era la decadenza che lo spaventava, era l’assenza di vita -Perché le cose erano andate così male?- pensava Ashartin tra sé tormentandosi. Questo gli dava una strana sensazione di rimorso concentrata nello stomaco, provava nausea. Il paesaggio, la città muoveva sensazioni lontane, sepolte tra le viscere del suo vissuto. Gli ricordava come crescendo si era dimenticato di qualcosa. Pieno di impegni, di momenti vissuti troppo in fretta! Aveva lasciato morire piano piano quell’ Ashartin così capace di dipingere creativamente l’incertezza delle situazioni.

-Senti tu- esclamò il pollo cambiando marcia -Non ci siamo presentati...- -Ashartin de Yerzevan- rispose quell’altro sorpreso aspettandosi di dover rispondere- -Ah sei del sud vero?- -A dire la verità no- rispose il ragazzo -Ci credi alle seconde opportunità?- disse il pollo, cambiando completamente discorso. -In che senso?- rispose Ashartin pensieroso -Parlo della possibilità di rimettere tutto in discussione- controbattè l’autitsta -Sì, perchè no...cioè non lo so..non ci ho mai pensato- -Prendi me- continuò il pollo -ho sempre pensato che avrei vissuto in città, guidando questo autobus fermata dopo fermata. Invece...tutto è finito così presto, troppo presto- Nella testa di Ashartin frullavano innumerevoli domande ma le parole rimanevano incastrate fra i denti e inghiottite a fatica giù nello stomaco come grosse pillole amare. Era incerto e si sentiva in colpa per ciò che era successo al pollo, alla sua città...intanto il vivace pennuto continuava a blaterare -Stavo leggendo su www.alzalacresta.po che ci sono delle offerte da paura nella zona di Haskin giù a sud...immaginati..Ah che libertà! Che freschezza! è come ripulire un muro decorato con carta da parati ammuffita e puzzolente. No ragazzo, non guarderò più la strada da questo finestrino appannato di finte speranze!-. Il ragazzo si fece forza e domandò con voce incerta – Perche’ non te ne vai subito? Non vedi? Non c’è niente e nessuno in questo maledetto posto per chilometri...- Il pollo abbassò lo sguardo e rispose -Ci sei tu. Comunque hai ragione, questo è il mio ultimo viaggio- Arshatin non rispose ma provò rimorso per ciò che aveva appena detto senza saperne il motivo.

L’autobus intanto procedeva lento, così inclinato faticava a raggiungere la meta. Il pollo scalò più volte le marce fino a che gridò forte “Guhuhuhuhuguaha, siamo arrivati, bello mio!”. La freccia lampeggiava, l’enorme macchina era ferma, le porte aperte; il motore, esausto, prendeva fiato bucando con fragorosi scoppi il silenzio tra i due. Ashartin si alzò e con la testa bassa raggiunse la soglia, mentre fuori cominciava a soffiare una leggera brezza, alzò lo sguardo e vide un`insieme di case distrutte, muri cadenti e macchine carbonizzate distendersi fino all’incerta linea dell’orizzonte. -Allora, scendi o ti fermi alla prossima?- domando` il pollo, Ashartin sussultò. Era indeciso, stava lì, fermo, strizzava i suoi pensieri quasi fossero panni intrisi di vita, mentre le gocce che si creavano cadendo al suolo secernevano uno strano odore di speranza. Sorpassata la soglia della porta non c’era niente che lo attraeva di quel mondo andato in frantumi; si rese conto che il suo mondo, il suo vero mondo era un autobus con un pollo come conducente.

Con voce tremante e occhi umidi esclamò -Scendo alla prossima!-. Il pollo chiuse la porta e cominciò subito a gridare guardandolo dritto in volto: -Uno, due, liberaa!!- esplodendo infine in una nuvola di piume. Ashartin sentì subito una forte scossa al petto, aprì gli occhi ancora pieni di lacrime immobili e vide un cerchio sopra di lui composto da diverse facce di uomini pensierosi. Dal fondo una voce sommessa diceva: -Battito regolare-. Disteso e immobile sentiva il sangue penetrare tra gli anfratti più sensibili del suo corpo e scorgeva a malapena attorno le case, le auto, le persone... Tutto era ritornato normale. Poco lontano, la sua macchina accartocciata abbracciava un semaforo ormai fuori uso.

Ruotò le palle degli occhi, inghiottì un po’ di sangue e finalmente capì. La città distrutta era ,in fondo, la sua grande potenza creativa mai sfruttata nel corso di una vita persa ad agguantare piccole sicurezze quotidiane. Il pollo, l’ultimo pezzettino della sua grande risorsa creativa era riuscito a sopravvivere e a salvarlo. Che potenza che aveva dentro! E che disastro che aveva combinato massacrando il suo grande mondo! Pur trafitto da dolori lancinanti che lo scuotevano a intermittenza, riuscì, nel profondo, a ridere di gusto per la nuova opportunità concessagli e ad assaporare quel momento in tutta la sua amarezza. L’ambulanza intanto già sfrecciava a gran velocità tra semafori rossi nel traffico del tardo pomeriggio.