sabato 15 dicembre 2007

se bastasse il mare

Un passo dopo l’altro, il respiro era la colonna sonora di quella mezz’ora di libertà che si prendeva ogni giorno dal lavoro. Non che durante quella corsa quotidiana non pensasse più ai suoi impegni o a come organizzare la settimana successiva ma perlomeno la aiutava a respirare l’aria fresca delle onde e, in fondo, sapeva che qualcosa si apriva in lei a ogni metro rosicchiato con fatica. La pista che costeggiava la spiaggia costituiva l’ultima frontiera con la civiltà e con la vita del cartellino timbrato in orario. Era inverno e la spiaggia disabitata forniva un panorama marron-blu che rifletteva rispettivamente la sabbia e il mare. Anche questi due colori variavano seguendo diverse tonalità dipendenti dall’alternarsi delle nuvole e dalla caparbietà del sole che a fatica spingeva per trovare un buco da cui farsi notare attraverso quel manto grigio. Non c’era mai nessuno sulla pista cosicché alle 14:45 staccava dal lavoro, si metteva la maglietta targata I’m on the wild side in tinta coi pantaloncini e incominciava con difficoltà la corsa fino al molo. Questo era dipinto di un rosso così inteso che durante le giornate soleggiate pungeva gli occhi per la sua lucentezza. Un giorno come gli altri correndo vide una colonna di fumo che si alzava piano e che per la sua lunghezza creava un vero tunnel di collegamento tra il mare blu e la spiaggia. Era un fuoco acceso sulla riva, vicino vi sedeva una persona che col vento nei capelli guardava l’orizzonte non curante delle fiamme che venivano alimentate da diversi legni che ricolmavano un grosso cesto di vimini sulla sinistra. La ragazza colta da un improvviso ed insensato senso di responsabilità deviò la sua corsa dirigendosi verso quella strana figura “Hei tu! Mi senti? “ urlava la ragazza avvicinandosi alla riva e affondando le scarpe sudate nella sabbia “Non vorrei fare la classica rompi uova ma non si possono accendere fuochi sulla spiaggia” La ragazza lo raggiunse finalmente ma quel ragazzo non sembrava prestare attenzione alla giovane che con la schiena piegata e le mani sulle ginocchia sbottava parole interrotte dalla mancanza d’aria. Anzi il giovane non curante, quasi per alimentare l’imbarazzo di quella situazione, mise un nuovo legno sul fuoco. “Hei tu mi senti? Il fuoco devi spegnerlo! Oh ma sei straniero o che? No fire, no fuego. No fiamme, guarda che ti fanno la multa!” la ragazza si fermò un secondo a guardare; il ragazzo era seduto sulla sabbia e indossava un paio di pantaloni di velluto marrone chiaro, scarpe da ginnastica con righe rosse sbiadito e un cappotto verde anche quello sbiadito ma piuttosto pesante. “Senti adesso vado, guarda che ti ho avvertito”. La ragazza ritornò camminando verso la pista che costeggiava la spiaggia, aprì il cellulare, vide l’ora e lasciò perdere pensando alla presentazione da preparare per dopodomani. Recuperò le forze rimaste e riprese a correre. “Chissà chi era quel tipo, certo che ce n’è di gente strana al mondo, poi pensa che giramento di uova stare lì a guardare il mare” pensava la ragazza nella vasca qualche ora dopo mentre si lavava via lo smog, lo sporco. Magari anche l’ansia fosse affiorata sulla pelle, sarebbero bastati due colpi di sapone per lavare via lo stress. Il sole splendeva e il cielo blu alimentava il forte contrasto tra i due soliti colori che facevano da sfondo alla sua corsa. Era arrivata un po’ in ritardo, incominciò a correre, come detto i primi dieci minuti erano i peggiori infatti le giunture delle ginocchia non ancora calde producevano un doloroso scricchiolio che arrivava fino ai polpastrelli delle giovani dita dei piedi. Ancora una volta apparve quella colonna di fumo e con lei quel personaggio. “Hei ti ho detto di spegnere questo fuoco! Guarda che passano a controllare anche se è inverno”. La ragazza si sedette esanime in prossimità del ragazzo, poi distese la schiena sulla sabbia prendendo grandi boccate d’aria con le gambe all’aria per permettere al sangue di circolare libero sfruttando la forza di gravità. “Certo che non sei uno di tante parole tu, cos’è ti sto antipatica? Vivi qui? Sei nuovo?”. La ragazza si mise a fare un po’ di stiramento iniziando quel colloquio senza controparte solo per farsi compagnia “Insomma…bello il mare. Visto che è l’unica cosa che guardi deve proprio piacerti, in effetti è proprio uno scenario come dire innovativo. A me piace ma solo quando corro. Sai io corro sempre qui in inverno, in estate è pieno di bambini, urla e palloni che volano, non fa per me”. Il ragazzo scrutava imperturbabile la distesa blu, le parole della ragazza infatti non scalfivano l’armatura del suo sguardo. Ogni tanto metteva un nuovo legno sul fuoco ma questo non presagiva nessuna intenzione di interagire con la giovane. La ragazza continuava a visitare ogni giorno il giovane e il suo amico fiammante, mentre stirava i muscoli si raccontava “Io mi sono rotta di questi uomini pieni di se sai? Certo non parlo di te eheh. No, non ce la faccio più di tutti questi Io, cioè Io ho fatto, Io ho visto ecc. no veramente basta. Poi si può vivere bene anche da soli cosa dici? Ah è vero tu non dici, beh sicuro che non hai conquistato molte donne con la tua loquacità comunque chissà magari non sei sempre stato così. Magari anche tu hai amato e perso, magari…”. La ragazza finito il suo stiramento ciondolava sempre ancora un po’ attorno al giovane, in fondo le piaceva parlare con se stessa. Attraverso quel solitario piromane di mare si stava accorgendo di com’era veramente vestita la sua coscienza e a dirla tutta non le piaceva molto. Ne risultava una ragazza insicura, il più delle volte falsa di fronte ai propri sentimenti e piuttosto arrivista. Tornava a correre ogni giorno ormai si alimentava di quei cinque minuti, aveva provato a parlare col muro o con altri oggetti ma niente come quel fuoco e il suo fautore riuscivano ad aprirla e ad estrarre le sue vere confessioni. In un giorno di nebbia ed umidità correndo si diresse come sempre verso il barlume luminoso e come sempre incominciò a stirarsi le gambe “Insomma ieri ero al lavoro e sembra che mi trasferiscano in città a capo della nuova sede. Sono veramente contenta anche se ho dei dubbi. Sai c’è questo nuovo tipo che ho conosciuto e mi piace, non mi pare giusto buttare tutto al vento per uno stupido lavoro con un po’ di autorità in più, tu cosa ne dici?” in lontananza si sentiva solo lo scrosciare solitario delle onde “Si anch’io la penso così. Lascio perdere il lavoro. In fondo io non sono una tipa da città a me piace l’aria pulita, le corse insomma meno gente c’è meglio è. Va beh ciao bello ci vediamo domani”. Dopo quell’ultimo incontro la ragazza non si fece vedere per un bel po’, il giovane seguiva comunque ad accendere il suo fuoco circondato da acqua e sabbia come se il suo compito non fosse ancora terminato. Un giorno di primavera come gli altri, dopo diversi mesi, lei si fece rivedere in abiti diciamo così civili, non sudata sembrava si fosse goduta una piacevole passeggiata durata una stagione intera. “Sapevo che ti avrei incontrato ancora qui; no non scomodarti a salutarmi, sapevo che ti ero mancata” ironizzava la giovane avvicinandosi e sfregandosi le mani, piano si sedette “Certo che tu non molli mai sei proprio una roccia, ma per chi lo accendi se neanche ti scaldi? Poi ormai siamo in primavera”. La ragazza stette un attimo in silenzio guardando l’unico scenario possibile “Sai quel tipo di cui ti parlavo, insomma le cose non sono andate tanto bene. Così adesso sono al punto di partenza. Non capisco a cosa mi è servito crescere, fare tante esperienze se poi quando mi sembra di essere felice sento che in fondo mi manca qualcosa.”. La ragazza con un gesto quasi automatico mise un altro legno sul fuoco tanto che le fiamme incominciarono ad alzarsi, il giovane rimaneva come sempre impassibile “Sai…forse hai ragione a stare qui in silenzio e ad accontentarti di poco. Io parlo un sacco, corro, faccio mille cose tanto che non ho mai abbastanza tempo per niente e alla fine ritorno sempre allo stesso punto qui con te che non parli perché in effetti non c’è niente da dire. In fondo, faccio quello che fai tu ma molto peggio eheh…se bastasse il mare per essere felici, tu saresti veramente un re”. Dagli occhi della ragazza fioccò qualche lacrima, mentre il ragazzo accennò un sorriso, le diede un bacio sulla guancia e si incamminò fischiettando verso la civiltà. La ragazza confusa non osò fermarlo e, in effetti, non avrebbe nemmeno voluto farlo. Non lo rivide mai più ma promise a se stessa di tenere vivo quel fuoco fino a che ce ne fosse stato bisogno.


francesco

domenica 2 dicembre 2007

Stavoli jof (o meglio lo Stavolo che non c'è)

1. Prendete una macchina! (come me) e dirigetevi verso la ridente comunità di Borgo Oncedis, 2 Km da Alesso comune di Trasaghis. Uscita di Gemona-Osoppo dell'autostrada Udine-Tarvisio

2. Poi prendete un amico (come questo bel manzone carnico, in effetti forse è meglio un'amica) e da Oncedis incamminatevi lungo il sentiero numero 840.

3. Camminate seguendo le indicazioni per la Malga Almuna. Dicono 2 ore di cammino, "Ma no quelle sono per i camminatori della domenica" diceva quell'amico con tono polemico. Noi ci abbiamo messo 2.15 circa. Regolatevi.

4. Seguite le indicazioni (ben fatte) e troverete una strada bianca. Seguitela e seguitela poi ariverete ad un bivio li non seguite più le indicazioni per la malga ma per gli Stavoli Jof. Non fate come l'amico sopra raffigurato, resistete alla tentazione anche se sò che è dura.

5. Quando scoprirete che gli stavoli non esistono scalate il monte soprastante e....godetevi il panorama a 300 e fischia gradi. Non fate foto tanto le ho fatte io!

6. Fate fuoco e abrustolite un pò di pane. Fate come noi zuppa e vin brulè. Poi tutti a ballare agli Stavoli.

7. Fate qualche foto col vostro amico o semplicemente usate questa e una volta tornati a casa incollate le vostre facce.

P.S. Scendete ma non dimenticatevi l'amico, è un tenerone se rimane solo diventa triste.

francesco