Zhaid non era mai stata una persona tutta d’un pezzo. Durante la guerra aveva tradito, corrotto e trovato sempre gli stratagemmi più subdoli per trovare una via d’uscita. La guerra lo aveva logorato nel corpo ma non nell’anima. Zhaid era uno di quei guerrieri vecchio stampo tutta scimitarra e niente fronzoli. Quando c’era da dare un taglio netto ad una situazione era sempre pronto, infatti, erano state numerose le sue strombettanti ritirate. Portava il suo spadone nuovo di pacca ancorato alla schiena e ora con la sua moto diesel sfrecciava nel deserto assieme a pochi sopravissuti. La sconfitta era stata pesante e ormai le ultime tracce di speranza cadevano come carburante evaporato sulla sabbia. “Io torno indietro, se devo morire preferisco farlo combattendo sotto questo avido sole che mi ha cresciuto e ha reso mora la mia pelle!” annunciò Zhaid trionfante girando la moto e dileguandosi in direzione opposta ai suoi poco amati compagni. In realtà Zhaid non aveva nessuna voglia di trovare la morte combattendo avrebbe preferito essere il più umile degli schiavi. No, lui voleva trovare un luogo chiamato Kuntor. Qualche luna prima, viaggiando nel deserto, incontrò al primo distributore di benzina un giovane che dati i pochi clienti aveva una lingua piuttosto biforcuta. Il giovane gli raccontò della mitica città e delle sue splendide ricchezze: più di mille donne, molta benzina e…la felicità . Di fatto, a Kuntor vi erano oasi, laghi, fiumi, torrenti di benzina un toccasana per la sua moto. Zhaid si fece dare le coordinate dal giovane che quasi in silenzio disse “Un giorno durante una fuga gira la tua moto e viaggia retto. Quando sentirai il vento soffiare a oriente sarai a Kuntor”. Così Zhaid sentiva già il sale sulla pelle erosa dal sole e dalle mille battaglie non combattute. Sfrecciava con la sua moto al calar del sole e il suo turbante blu e arancione fluttuava nell’aria quasi fosse un groviglio di stoffa vivo che ballava tra le onde del vento. Proseguiva retto quando vide da lontano un folto gruppo di donne che muovendosi all’unisono formavano un quadrato perfetto. Le donne camminavano in obliquo e portavano tutte un capello cilindrico avvolto in un manto giallo verde che oltre alla testa ricopriva tutto il loro corpo. Zhaid fermò la sua moto e anche la donne si fermarono decidendosi a passare la notte insieme. Bisogna ammettere che queste donne non erano di molte parole anzi di nessuna parola. Lavoravano certo, avevano allestito il campo per la notte e acceso i fuochi che ora scoppiettavano però non cercavano nessun contatto con Zhaid. Il povero guerriero terribilmente annoiato giocava a solitario con le dune fino a che una donna si avvicinò dicendo“ Abbiamo deciso di donarti una moka e qualche kilo di caffe della migliore qualità”. Cosi il giorno seguente Zhaid partì con la sua moto pieno di caffè, disorientato, disegnando audaci traiettorie sulla sabbia ancora fresca. Zhaid viaggiava e si chiedeva perché mai avrebbe dovuto credere ad un benzinaio del deserto. La sera si faceva sempre un caffè fino che, una notte, la moka brontolando per il liquido appena fuoriuscito disse “ Insomma Zhaid ma quando arriviamo? Io ho bisogno di cambiare la guarnizione e guarda sono tutta arrugginita, mi tratti proprio male bello mio…ma vedrai un giorno o l’altro io ti lascio di punto in bianco. Ti scrivo un biglietto e me ne vado come nei film però di quelli senza un bel finale” Zhaid non rispondeva, la sua moka aveva preso l’abitudine di fargli le prediche e di annoiarlo con i suoi discorsi. Nonostante tutto aveva incominciato ad apprezzare quel inutile compagnia e dopo tutto il caffè alla sera era l’ unica consolazione al suo fallimento quotidiano. “ Zhaid” diceva la moka con parole tostate “Cosa credi di ottenere arrivando a Kuntor? Donne, benzina? Queste cose le puoi avere anche qui ora. Tu cerchi Kuntor perché così hai un motivo per accendere la tua moto la mattina.”. Così parlava l’amica moka sbattendo e ribattendo quel coperchio metallico. All’ennesima notte la moka si mise a raccontare barzellette “ Hey Zhaid sai cosa dice una moka ad un'altra moka che gli chiede che fine abbia fatto l’amico moka? Credo sia diventato frate cappuccino!” Zhaid prima si stupì, poi rise e rise così forte che mosse tutte le nuvole colorate dalla luna. Incominciò a rotolare sulla sabbia sue giù per le dune piangendo con le mani sulla pancia. Quando tornò in se raccolse la moka che già russava vapore e rimboccandole le coperte la guardò, aveva trovato un amica. “Senti moka ma cosa si prova a fare il caffè?” domandò Zhaid in un caldo pomeriggio “Ma guarda credo sia una sensazione esplosiva prima senti tutto un bollore che proviene dal basso. Poi piano piano cominci a ad avere allucinazioni tipo cialde dorate che danzano calpestando campi di the e alla fine in batter di mani sei di nuovo in questo mondo. Insomma i letterati chiamano questa esperienza ascetismo ultraromatico” Zhaid stava per rispondere all’amica quando tutt’un tratto vide in lontananza mille cavalli, alabarde, bandiere, trombette pronte a lanciarsi contro quel eroe così codardo. “Amica moka credo che sia veramente la fine, sono in riserva e non ce la faremo.” Zhaid ingranò la marcia e partì in direzione opposta. La moka però aveva già tagliato le corde che la ancoravano alla moto e ormai sola gridava “Zhaid tu non sei un guerriero sei un motociclista quindi non preoccuparti combatterò per te, ti voglio bene!” e così dicendo la moka si di fece una carica di Travazza qualità oro. Poi tutt’un tratto cominciò a scaldarsi e a diventare grande sempre più grande, enorme. Il nemico intanto lanciava freccie, alabarde, la colpiva ma la moka tra mille sofferenze eruttava galloni su galloni di caffè che sbaragliavano l’esercito nemico e mettevano in fuga i pochi sopravissuti. Zhaid intanto sfrecciava verso la salvezza, dava gas al motore per non pensare poi però attese qualche attimo guardando il sole al tramonto mentre la marmitta aspettava scoppiettando. Chiuse gli occhi girò la moto e tornò a salvare la sua amica; si era finalmente deciso a combattere. Quando arrivò vide soldati che deliravano narrando storie di tsunami di caffè e moke giganti che sputavano vapore ardente. Zhaid cercò tra le alabarde e turbanti. Vide la sua amica moka piccola, indifesa, spezzata a metà che sprizzava caffè da diversi buchi nella corazza metallica. La prese tra le braccia mentre il vento soffiava tenace a oriente. Zhaid maledisse la sua vita e il suo inutile coraggio, la sua amica era morta sola proprio adesso che sarebbe stato disposto a sacrificare la sua vita per lei. Così adagiò la moka sulla sabbia, sfoderò la sua scimitarra e camminò verso l’esercito nemico ormai in ritirata. La moka tra atroci sofferenze riuscendo a malapena ad aprire il coperchio guardò Zhaid camminare, raccolse le ultime forze residue e disse “Arrivederci guerriero e benvenuto a Kuntor”.
francesco
1 commento:
bravo fra! sarebbe bello se provassi con una storia a puntate cosa dici? potrebbe venire interessante
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